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Riflessione

«Il tema “Non ruberai” è significativo
per la società»

Il rabbino Giuseppe Laras spiega il significato dell’ottavo comandamento di Mosè e invita a ricercare sempre ciò che unisce

di Annamaria BRACCINI

12 Gennaio 2014

“Non ruberai”. È l’Ottava delle dieci parole che definiscono, appunto, nel Decalogo dell’Antico Testamento, secondo il libro dell’Esodo, l’alleanza tra Dio e il popolo eletto, Israele. E questi stessi dieci comandamenti mosaici, segnano anno dopo anno, dal 2005, il tema della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Una scelta – questa – voluta dalla Conferenza episcopale italiana con l’appoggio dell’Assemblea rabbinica del nostro Paese, mentre la Giornata, promossa sempre dalla Cei, in senso più ampio, giunge, con il 2014, alla diciottesima edizione, ricorrendo significativamente il giorno precedente l’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dunque il 17 gennaio, a sottolineare la comune «radice santa» che tutte le Chiese hanno nell’ebraismo.

Quest’anno, invece, la Giornata, eccezionalmente sarà festeggiata giovedì 16, per le difficoltà che avrebbe comportato proporre iniziative e incontri il 17 gennaio, venerdì, momento in cui gli ebrei accolgono la festività del Sabato, Shabbath. E proprio il 16 gennaio, il cardinale Angelo Scola e rav Giuseppe Laras, per venticinque anni rabbino capo di Milano e presidente del Tribunale Rabbinico del Centro-nord Italia, si confronteranno appunto sul tema “Non ruberai”.

Un dialogo a due voci – già l’anno scorso l’Arcivescovo e rav Laras si erano incontrati in un’affollata tavola rotonda in Cattolica -, la cui importanza è evidente, come sottolinea Laras. «Credo che l’ambito stesso che approfondiremo – l’Ottavo comandamento che, nella tradizione giudaica, indica non tanto il furto di cose, ma il sequestro di persone, sia particolarmente significativo e rilevante per la società», dice, infatti, rav Laras. E aggiunge: «Nel mio intervento, cercherò di delineare anche il senso più complessivo della Giornata del dialogo ebraico-cristiano, per mettere a fuoco quelli che sono i punti cruciali di questo "stare insieme", valorizzando al meglio la Giornata stessa e il valore di questa iniziativa che è messa al servizio delle nostre due fedi, per procedere sulla via della comprensione reciproca. Non ritengo che sia necessario, in questo contesto, affrontare questioni metafisiche o puramente teologiche, lo è, invece, confrontarsi su domande che interrogano tutti e che riguardano la vita delle persone, delle istituzioni, della società, come comunità di realtà diverse tra loro e che devono convivere nelle nostre città. Problemi aperti ai quali ognuno di noi è chiamato a dare un contributo di riflessione in vista del bene comune».

«Ebrei e cristiani hanno eguale obbligo di lavorare per la giustizia con carità», per condurre allo «Shalom, la pace di tutta l’umanità», viene detto nella presentazione del sussidio per la Giornata 2014, utilizzando le conclusioni della riunione plenaria del Comitato ebraico-cristiano cui partecipò anche l’allora cardinale Bergoglio… «Mai come quest’anno – puntualizza Laras -, il “Non ruberai” di Esodo 20,1.15, si presta a un discernimento preciso di tipo sociale e civile. Anche se l’interpretazione esatta di questo precetto, per l’ebraismo, è “non sequestrare”, non si tratta di una lettura riduttiva del comandamento, in quanto non viene esclusa la questione più allargata della giustizia in quanto tale. D’altra parte, è Mosè stesso che dice al suo popolo di operare secondo giustizia, senza nuocere né prevaricare alcuno».

Il cardinale Scola, incontrando il 1° gennaio i rappresentanti del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, ha detto che sta aumentando un ecumenismo di popolo. È così anche per il dialogo interreligioso? «Come persona che si occupa da molti anni di questo confronto – ammette Laras -, non mi pare che la situazione, a livello popolare, stia migliorando, anzi assistiamo a una certa contrazione della “base” che apprezza il valore del dialogo. Accolgo le parole del Cardinale come un auspicio e una speranza. Dobbiamo sempre ricercare ciò che unisce e non ciò che divide, guardare al mondo coltivando la speranza è una delle grandi virtù che condividiamo».